Giovanni Giolitti: differenze tra le versioni - Wikipedia


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{{nota disambigua|altre persone con lo stesso cognome|Giolitti (disambigua)|Giolitti}} {{Carica pubblica

|nome = Giovanni Giolitti

|immagine = Giovanni Giolitti 1905 (1).jpg

|didascalia = Giovanni Giolitti nel 1905

|carica = [[Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|Presidente del Consiglio dei ministri<br />del Regno d'Italia]]

|mandatoinizio = 15 maggio 1892

|mandatofine = 15 dicembre 1893

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|Attività = politico

|Nazionalità = italiano

|PostNazionalità = , cinque volte [[PresidentiPresidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia|presidente del Consiglio dei ministri]], il secondo più longevo nella [[Storia d'Italia|storia italiana]] dopo [[Benito Mussolini]]

}}

Fu un importante esponente prima della [[sinistra storica]] e poi dell'[[Unione Liberale (Italia)|Unione Liberale]]. Considerato uno dei politici più potenti e importanti della storia italiana, Giolitti fu accusato dai suoi molti critici di essere un uomo di governo [[Stato autoritario|autoritario]] e un [[Dittatura della maggioranza|dittatore parlamentare]]<ref>{{cita web|url=http://www.tesionline.it/mobile/appuntoPar.jsp?id=739&p=38|titolo=La dittatura parlamentare di Giolitti|sito=TesiOnline.it|accesso=25-10-2022}}</ref>.

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Giovanni Giolitti nacque il 27 ottobre 1842 da una famiglia dell'alta borghesia originaria di [[Dronero]]. Figlio di Giovenale Giolitti (1802-1843), cancelliere del tribunale di Mondovì, e di Enrichetta Plochiù (1808-1867), appartenente a una ricca famiglia di origine francese, il piccolo "Gioanin", com'era chiamato in famiglia, rimase ad un anno orfano del padre, che morì a causa di una [[polmonite]].<ref>Fonte principale: Emilio Gentile, ''Giolitti, Giovanni'' in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)</ref> La madre tornò allora in seno alla famiglia d'origine e si trasferì da Mondovì in via Angennes (ora via Principe Amedeo) a [[Torino]], nella casa dei suoi quattro fratelli che, essendo tutti celibi, circondarono il bimbo di particolari cure e affetto. In seguito a qualche giovanile problema di salute, su consiglio dello zio medico, la madre lo portò per alcuni periodi tra le montagne della [[Valle Maira]], nella casa del nonno materno a [[San Damiano Macra]]<ref>«...il nonno era notaio di San Damiano Macra e segretario di molti comuni della valle.» (in [http://www.comune.sandamianomacra.cn.it/giovanni_giolitti?font_size=1 Comune di San Damiano Macra] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20161001230918/http://www.comune.sandamianomacra.cn.it/giovanni_giolitti?font_size=1 |data=1º ottobre 2016 }})</ref>. Di famiglia cattolica, non ostenterà mai la fede personale, e raramente ne parlerà con qualcuno o nelle sue memorie.<ref>{{Cita web |url=http://www.loccidentale.it/node/83144 |titolo=''"Giovanni Giolitti è stato un padre della Patria ma lo abbiamo dimenticato"'' |accesso=16 marzo 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140316122607/http://www.loccidentale.it/node/83144 |dataarchivio=16 marzo 2014 |urlmorto=sì }}</ref>

La madre gli insegnò a leggere e scrivere; la sua carriera scolastica al ginnasioliceo ''SanGiolitti Francesco da PaolaGandino'' di TorinoBra (che avrebbe poi mutato il nome in [[Liceo classico Vincenzo Gioberti|liceo Gioberti]]) fu contrassegnata da scarsa disciplina e da poco impegno nello studio: «il meglio del tempo passato lassù sui monti lo spesi a giocare e a rinforzarmi la salute»<ref>G. Giolitti, ''Memorie'', I, p. 6</ref>. Il giovane Giolitti non amava la matematica e lo studio della grammatica latina e greca preferendo la storia e la lettura dei romanzi di [[Walter Scott]] e di [[Honoré de Balzac]] «per le loro connessioni con la tradizione storica o con la realtà attuale»<ref>G. Giolitti, ''Memorie'', I pp.6 e sgg.</ref>. Fu attratto anche alla filosofia di [[Antonio Rosmini|Rosmini]] e [[Vincenzo Gioberti|Gioberti]] la cui opera ''Teorica del sovrannaturale'' però gli fece perdere questo interesse «ad un tratto ed una volta per sempre».<ref>G. Giolitti, ''Memorie'', I p. 7</ref>

Frequentò la facoltà di [[Giurisprudenza]] all'[[Università degli Studi di Torino]] e si laureò a soli 19 anni, grazie a una speciale deroga del rettore che gli consentì di compiere gli ultimi tre anni in uno solo.<ref>Emilio Gentile, ''Op. cit.''</ref>

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=== L'ascesa ===

Privo di un passato impegnato nel [[Risorgimento]], portatore di idee [[liberalismo|liberali]] moderate, nel 1862 incominciò a lavorare al Ministero di Grazia, giustizia e culti. Nel 1869 passò al Ministero delle finanze, con la qualifica di caposezione, collaborando con diversi ministri della [[Destra storica]], tra cui [[Quintino Sella]] e [[Marco Minghetti]], contribuendo tra l'altro a quell'[[fisco|opera tributaria]] volta tutta al [[Pareggio di bilancio|pareggio del bilancio]]. Nello stesso anno sposò Rosa Sobrero (1851-1921), nipote del celebre chimico piemontese [[Ascanio Sobrero]] che scoprì la [[nitroglicerina]], da cui ebbe la figlia Enrichetta (1873-1959).

[[File:Giovanni Giolitti.jpg|thumb|left|upright|Giovanni Giolitti in un'immagine giovanile.]]

Privo di un passato impegnato nel [[Risorgimento]], portatore di idee [[liberalismo|liberali]] moderate, nel 1862 incominciò a lavorare al Ministero di Grazia, giustizia e culti. Nel 1869 passò al Ministero delle finanze, con la qualifica di caposezione, collaborando con diversi ministri della [[Destra storica]], tra cui [[Quintino Sella]] e [[Marco Minghetti]], contribuendo tra l'altro a quell'[[fisco|opera tributaria]] volta tutta al [[Pareggio di bilancio|pareggio del bilancio]]. Nello stesso anno sposò Rosa Sobrero (1851-1921), nipote del celebre chimico piemontese [[Ascanio Sobrero]] che scoprì la [[nitroglicerina]].

La sua carriera di alto funzionario continuò nel 1877 con la nomina alla [[Corte dei conti]] e poi nel 1882 al [[Consiglio di Stato]]. Sempre nel 1882 si candidò a deputato, venendo eletto. Nel 1886 si oppose agli eccessi di spesa del governo Depretis sostenendo «la più stretta economia nelle pubbliche spese» cercando di non «lasciarsi trascinare nelle spese militari al di là di quel che è necessario per difendere la integrità e la dignità del Paese».<ref>''Discorsi extraparlamentari'', p. 92</ref>.

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==== Il [[biennio rosso]] ====

Nei confronti delle agitazioni sociali, Giolitti, ancora una volta, attuò la tattica da lui sperimentata con successo quando era alla guida dei precedenti ministeri: non accettò le richieste di agrari[[proprietari terrieri]] e [[Imprenditore|imprenditori]] che chiedevano al governo di intervenire con la forza. Alle lamentele di [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]], che descriveva, con toni volutamente drammatici ed esagerati, la situazione della [[FIAT|Fiat]] occupata dagli operai, Giolitti rispose: "''Benissimo, darò ordine all'artiglieria di bombardarla''". Udita la risposta ironica e beffarda del primo ministro, Agnelli decise che era meglio lasciar fare alla politica e partì per le vacanze. Nelle sue Memorie riportò comunque il largo uso di armi da parte delle [[Guardie Rosse (Italia)|Guardie Rosse]]<ref>{{Cita libro|autore=Giovanni Giolitti|titolo=Memorie della mia vita|anno=1922|url=https://archive.org/details/memoriedellamiav01giol|dataoriginale=1926}}</ref>. Dopo pochi giorni gli operai cessarono spontaneamente l'occupazione. Il presidente del Consiglio era consapevole che un atto di forza avrebbe soltanto aggravato la situazione e inoltre, sospettava che in molti casi gli imprenditori non fossero del tutto estranei all'occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratori.

Del resto la situazione sociopolitica era comunque più complessa rispetto agli scioperi che avevano interessato il Paese ai primi del Novecento. Ora, infatti, complice il dissesto economico e sociale seguito al primo conflitto mondiale, non tutti i disordini avevano alla base pure motivazioni economiche. Durante questa grave crisi economica post-bellica si acuivano infatti i contrasti politici, radicalizzando le diverse posizioni. Da una parte le istanze socialiste e dall'altra quella della borghesia imprenditoriale.

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Nel dicembre [[1925]] il consiglio provinciale di [[Cuneo]], che ad agosto aveva rieletto come di consueto Giolitti alla presidenza, votò una mozione che gli chiedeva l'adesione al fascismo. Giolitti rassegnò quindi le dimissioni sia da presidente sia da consigliere. Nel 1926 e 1927 si appartò sempre più dalla vita politica, anche a causa delle sempre più rade convocazioni della Camera; compì diversi viaggi in Europa. Nel 1928 tornò alla Camera per prendere la parola contro la legge che di fatto aboliva le elezioni, sostituendole con la ratifica delle nomine governative, contestando che con questo provvedimento il governo si poneva al di fuori dello Statuto.

Colpito da [[broncopolmonite]], morì dopo una settimana di agonia il 17 luglio [[1928]] all'1:35 del mattino, nella Casa Plochiù<ref>{{Cita web |url=http://www.cavour.info/viewobj.asp?id=1452 |titolo=Casa Plochiù |accesso=10 novembre 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20161110173657/http://www.cavour.info/viewobj.asp?id=1452 |dataarchivio=10 novembre 2016 |urlmorto=sì }}</ref> a [[Cavour (Italia)|Cavour]]<ref>[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,avanzata/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0027_01_1928_0169_0001_16775012/ ''La morte di Giovanni Giolitti: l'ultima giornata''], in "La Stampa", 17 luglio 1928.</ref>, e venne sepolto nel cimitero comunale. Il nipote [[Antonio Giolitti]], che sarebbe poi diventato partigiano e politico del [[Partito Comunista Italiano|PCI]] e del [[Partito Socialista Italiano|PSI]], a proposito delle circostanze della morte del nonno disse:

{{Citazione|...Andammo, nella casa di Cavour. Lui giaceva su un grande letto di ferro, ci benedisse. Fuori c'era una gazzarra di giovani fascisti che stazionavano sotto le finestra, in attesa: quel vecchiaccio non si decide a morire.|Antonio Giolitti su ''la Stampa''<ref>quotidiano ''la Stampa'' del 19/09/1996, p.22</ref>}}